Incontro con William Kaelin, Peter Ratcliffe e Gregg Semenza vincitori del Premio Nobel per la Medicina che gli verrà consegnato la prossima settimana. Dall’anemia al cancro, i ricercatori spiegano come dai loro studi sarà possibile sviluppare nuovi farmaci per combattere anemia, tumori e malattie cardiovascolari.
di IRMA D’ARIA
STOCCOLMA – Come tutti noi, anche William Kaelin, Peter Ratcliffe e Gregg Semenza lo hanno imparato già sui banchi di scuola: l’ossigeno è indispensabile perché tutti gli esseri viventi hanno bisogno di respirarlo per vivere. Ma questi tre scienziati così diversi per formazione scientifica, nazionalità ed esperienze, devono essere stati affascinati dall’ossigeno tanto da dedicargli vari studi che li hanno portati sul palco del Karolinska Institute dove il prossimo 10 dicembre riceveranno dall’Accademia delle Scienze svedese il Nobel della medicina attribuito proprio per le loro scoperte su come le cellule percepiscono e si adattano alla disponibilità di ossigeno. Seguendo percorsi diversi, infatti, tutti e tre hanno scoperto che le cellule riescono a misurare la presenza di ossigeno all’esterno e a modificare il loro metabolismo di conseguenza. E oggi, parlando ai giornalisti nell’aula del Karolinska Institute, hanno annunciato che grazie alle loro ricerche si sta già lavorando allo sviluppo di nuovi farmaci per combattere anemia, tumori e malattie cardiovascolari.
Tre giovani scienziati
Vedendoli di persona ci si rende conto che sono più giovani di tanti altri vincitori di Nobel. I 62 anni di Kaelin, i 63 di Semenza e i 65 di Ratcliffe saltano all’occhio mentre raccontano ai giornalisti come sono arrivati al Nobel e da dove vengono. Sir Peter J. Ratcliffe, nato in Gran Bretagna, a Lancashire nel 1954, ha studiato a Cambridge e poi si è specializzato in nefrologia a Oxford. Attualmente dirige il Centro per la ricerca clinica dell’Istituto Francis Crick di Londra ed è membro dell’Istituto Ludwig per la ricerca sul cancro. L’americano Gregg L. Semenza è nato a New York nel 1956 e ha studiato biologia ad Harvard e poi nell’Università della Pennsylvania. Si è specializzato in pediatria alla Duke University e dal 1999 insegna alla Johns Hopkins University, dove dal 2003 dirige il programma sulla ricerca vascolare. Nasce a New York nel 1957 anche William G. Kaelin, che, dopo gli studi alla Duke University, si è specializzato in Medicina interna e oncologia alla Johns Hopkins University. Dal 2002 insegna a Harvard.
Perché l’ossigeno vale tre Nobel
Kaelin, Semenza e Ratcliffe hanno scoperto i ‘sensori molecolari’ dell’ossigeno e descritto i meccanismi che ne regolano l’attività. Grazie alle ricerche di questi Premi Nobel, oggi sappiamo molto di più su come i diversi livelli di ossigeno regolano alcuni processi fisiologici fondamentali. La capacità di rilevare la quantità di ossigeno consente alle cellule di adattare il loro metabolismo quando i livelli di questo gas sono bassi come accade, ad esempio, nei nostri muscoli durante un intenso esercizio fisico. Altri esempi di processi adattativi controllati dai sensori dell’ossigeno includono la generazione di nuovi vasi sanguigni, la produzione di globuli rossi e il funzionamento del sistema immunitario. Il rilevamento dei livelli dell’ossigeno è essenziale anche durante lo sviluppo fetale per controllare la normale formazione dei vasi sanguigni e lo sviluppo della placenta.
Dall’anemia al cancro: le malattie e i sensori dell’ossigeno
Non solo. Il rilevamento della quantità di ossigeno circolante nel nostro organismo è importante anche per un gran numero di malattie. Ad esempio, i pazienti con insufficienza renale cronica spesso soffrono di anemia grave a causa della ridotta espressione dei livelli dell’eritropoietina ormonale prodotti dalle cellule del rene ed essenziali per controllare la formazione dei globuli rossi. I meccanismi di adattamento delle cellule all’ossigeno hanno un ruolo importante nel cancro. Il fattore inducibile dall’ipossia (HIF-1) attiva la trascrizione dei geni coinvolti in aspetti cruciali della biologia del cancro, tra cui la formazione di nuovi capillari (angiogenesi), la sopravvivenza cellulare, il metabolismo del glucosio e la capacità di invasione delle cellule tumorali. Gli intensi sforzi in corso nei laboratori scientifici e nelle aziende farmaceutiche sono ora focalizzati sullo sviluppo di farmaci che possono interferire con diversi stati patologici attivando o bloccando i meccanismi per il rilevamento dell’ossigeno e che possano essere utilizzati per curare anemia, cancro o altre patologie. “In Cina, Giappone e anche in Europa – ha detto Kaelin – sono in via di sviluppo nuovi farmaci che proprio basandosi sul meccanismo di controllo dei livelli di ossigeno porteranno allo sviluppo di nuovi farmaci per l’anemia”. Semenza rinforza la dose: “Le applicazioni che possono derivare dai nostri studi sono molteplici. Quelle più vicine ad una realizzazione concreta riguardano l’anemia, le malattie cardiovascolari, le malattie infiammatorie dell’intestino e i tumori. Tutte patologie molto diffuse responsabili di una mortalità elevata nei paesi occidentali, ma potrebbero esserci molte altre applicazioni pratiche che in questo momento è difficile immaginare”.
L’incontro con la ricerca italiana
Gli studi sull’ossigeno dei tre Premi Nobel si sono incrociati con quelli italiani in più di un’occasione. Per esempio, con una ricerca sulle piante: presso la Scuola Sant’Anna di Pisa Pierdomenico Perata, con Francesco Licausi e Beatrice Giuntoli, ora entrambi all’Università di Pisa, hanno collaborato con Ratcliffe per verificare se il meccanismo con cui le piante percepiscono l’ossigeno, scoperto da loro, fosse simile a quello al quale stava lavorando sulle cellule animali lo studioso premiato con il Nobel. Pubblicata sulla rivista Science nel luglio 2019, la ricerca è stata condotta negli ultimi tre anni in collaborazione fra il PlantLab dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Sant’Anna, del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa e il gruppo di Ratcliffe a Oxford. Grazie alle loro ricerche ora è diventato chiaro che il meccanismo è molto simile e che è condiviso da piante e animali.
La collaborazione di Semenza con l’Irccs San Raffaele Pisana di Roma
Anche Gregg Semenza ha collaborato con i ricercatori italiani. Lo scienziato americano, infatti, è stato ‘senior author’ di uno studio condotto in collaborazione con i ricercatori dell’Irccs San Raffaele Pisana di Roma e pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica Pnas nel 2012. Il lavoro ha dimostrato come il PDGF, un fattore di crescita e chemiotattico per cellule staminali viene indotto nelle cellule tumorali dall’attivazione di HIF, (Hypoxia-inducible factor) il fattore di trascrizione che coordina la risposta genica all’ipossia, permettendo la formazione di metastasi linfonodali. Lo studio ha utilizzato come modello le cellule tumorali del carcinoma mammario umano e ha contribuito alla motivazione dell’assegnazione del Nobel. Nel Centro Ricerche dell’Irccs San Raffaele Roma si studia da tempo il ruolo dell’HIF e dell’infiammazione anche in altri modelli di patologia umana, come l’obesità, le beta-fibrillosi (tra cui il Parkinson, l’Alzheimer e amiloidosi) e altre malattie degenerative croniche.
Fonte : repubblica.it