La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno è caratterizzata dalla ricorrenza di episodi di ostruzione faringea, completa o parziale, durante il sonno. Il trattamento principale è la ventilazione a pressione positiva continua che viene comunemente effettuato con dei dispositivi chiamati CPAP che vengono generalmente applicati al paziente durante le ore dedicate al sonno. Nonostante la pressione necessaria varia nel corso di ogni notte, classicamente si applica una pressione costante. Esistono dei dispositivi invece chiamati autoCPAP“, che a differenza delle CPAP modificano la pressione in rapporto a quelle che il loro software identifica come le necessità del paziente, istante per istante, adattandole alle necessità di chi la sta utilizzando.
Il CNR, la più grande struttura pubblica di ricerca in Italia, ha dimostrato una correlazione tra la profondità del sonno e la pressione erogata da una autoCPAP. Le autoCPAP dovrebbero eliminare la necessità del costoso e complesso processo di “titolazione” della CPAP, richiesto prima della sua prescrizione: si effettua infatti prima una polisonnografia, un esame che registra una serie di dati durante la notte che permette di analizzare determinati eventi che avvengono nel sonno al paziente, aiutando così il medico a capire quale sarebbe la migliore terapia (cpap, autocpap o altre soluzioni terapeutiche) . Le autoCPAP, fornendo un ampio range di valori di pressione che correggono i disturbi respiratori durante ogni notte di applicazione, indicherebbero, senza esami complementari né necessità di assistenza tecnica, quale livello di pressione sia più opportuno prescrivere come livello costante. Inoltre l’uso di un’autoCPAP per il trattamento a lungo termine consentirebbe l’applicazione di pressioni elevate solo nei brevi periodi in cui esse sono veramente necessari, rendendo così più facilmente tollerabile la terapia. Su questi possibili vantaggi delle autoCPAP esistono ancora poche prove.
Uno studio presso il centro del sonno dell’IBIM sta verificando se la titolazione della CPAP possa essere efficacemente eseguita con la sola autoCPAP e se occorra un un’assistenza durante la sua applicazione. Con la sola autoCPAP, nonostante la titolazione nella maggior parte dei pazienti fosse attendibile, i risultati erano insoddisfacenti in un numero eccessivo di soggetti. La maggior parte degli errori derivava da un’insufficiente quantità di sonno, inconveniente ovviabile con il monitoraggio elettroencefalografico. Altri errori, derivanti da un’imperfetta correzione dei disturbi respiratori, erano identificati col monitoraggio della saturazione ossiemoglobinica mediante ossimetria non invasiva; l’aggiunta all’ossimetria di movimenti respiratori e flusso aereo oronasale non forniva apprezzabili vantaggi.
Con uno studio in cross-over a singolo cieco è stata poi paragonata la terapia con CPAP a livello costante a quella con autoCPAP. Sono stati esaminati l’uso che pazienti con OSAS facevano di ciascuna terapia, la preferenza espressa dai pazienti e la presenza di elementi che predicessero quale terapia potesse essere più utilizzata e gradita. In media l’uso delle due terapie non differiva anche se un piccolo numero di soggetti oltre a gradire maggiormente l’autoCPAP ne faceva un uso notevolmente maggiore. Quindi, in una minoranza di soggetti l’autoCPAP può essere una valida alternativa alla CPAP a livello fisso. Il maggior costo dell’autoCPAP ne fa, rispetto alla CPAP a livello fisso, una seconda scelta, da potere considerare qualora la compliance alla CPAP a livello fisso risulti insoddisfacente.
Fonte: Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr)